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L’influencer marketing non è passato di moda, anzi, non è mai stato così vivo e il deinfluencing lo dimostra.
Le modifiche che stanno avvenendo nel mercato dell’influencer marketing non riguardano tanto le dinamiche, quanto le narrazioni che reggono i pilastri di questo settore.

Forse, anche tu ti sarai reso conto che, col tempo, accanto a immagini perfette e patinate, i contenuti dei creator nel tuo feed sono diventati sempre meno artefatti e sempre più sinceri, sia dal punto di vista tecnico che da quello contenutistico.

Abbiamo detto addio ai video leziosi in stile spot televisivo, e dato il benvenuto a recensioni reali di prodotti di uso quotidiano. Tecnicamente non cambia nulla: i content creator hanno continuato a promuovere o a sconsigliare prodotti, ma hanno cominciato a farlo in modo diverso dando inizio al fenomeno del deinfluencing.

 

Cos’è il deinfluencing e come nasce il fenomeno

Nell’articolo “Come comunicare con la GenZ” ti abbiamo già parlato di quanto fosse rilevante per le aziende dimostrare impegno sociale, soprattutto per dialogare con le nuove generazioni. Oggi, le tematiche ambientali e sociali non interessano più soltanto i giovani appartenenti alla GenZ, ma stanno diventando fondamentali anche per i Millennials e le generazioni precedenti.

Il deinfluencing nasce proprio dall’esigenza di responsabilizzare le persone all’acquisto, ridurre il consumismo e promuovere la responsabilità ambientale.

Da questi semi ideologici, dal 2021 sono nati i primi anti-influencer: semplici creator che condividono recensioni sincere, positive o negative, sui prodotti appartenenti per lo più ai settori beauty, fashion e lifestyle e food, con lo scopo di aiutare i consumatori a fare delle scelte consapevoli ed evitare l’acquisto di prodotti scadenti o inutili.

La scintilla che ha dato vita al grande fenomeno del deinfluencing è stata più precisamente la campagna di influencer marketing portata avanti dal brand di cosmetica Tart nel gennaio 2023. L’azienda, infatti, ha coinvolto 50 beauty influencer in un lussuosissimo viaggio di tre giorni a Dubai; questa decisione, effettuata  in un periodo di crisi finanziaria in cui molte persone faticano ad arrivare a fine mese, ha fatto infuriare alcuni nomi noti come Meredith Duxbury, Alix Earle e Monet McMichael che non hanno esitato a esprimere le loro rimostranze su Tik tok e a sconsigliare l’acquisto dei prodotti del brand.

I deinfluencer, quindi, come dimostrano le azioni delle giovani star, non vogliono legare la loro immagine a dei prodotti al solo scopo promozionale, ma vogliono dare un’opinione sincera con uno sviluppato senso di responsabilità.

 

Esempi di deinfluencer

I deinfluencer, o come li ha chiamati qualcuno, anti-influencer, sono mossi dalla volontà di condividere contenuti sinceri che possano essere di aiuto a tutti i consumatori.

Da questa “mission” nascono, per esempio, le rubriche in cui i nuovi influencer dispensano consigli su dove acquistare prodotti “dupe” di grandi marche che permettono di spendere meno ottenendo gli stessi benefici, o quelle in cui è possibile assistere agli unboxing di alcuni prodotti e ai relativi test, per capire se effettivamente le aspettative che abbiamo su un prodotto corrispondono alla realtà.

Alcuni esempi di creator impegnate nel deinfluencing troviamo:

  • l’Influencer onesta, Andreaa Daniela Tolomeiu, che testa personalmente dei prodotti andati virali in video-tutorial onesti;
  • Heloola Book club, un book club digitale e indipendente in cui vengono condivisi consigli di lettura lontani dalle logiche del mercato editoriale;
  • Valeria Fride, beauty deinfluencer che condivide consigli sui migliori prodotti di bellezza in modo totalmente disinteressato.

Ti consigliamo di guardare i loro video su TikTok come esempio di approccio coerente al deinfluencing.

 

Come rendere il deinfluencing un alleato nelle strategie di marketing

La domanda che in tanti si fanno è: “Ma se i deinfluencer non promuovono i prodotti, possono comunque essere considerati una risorsa da inserire all’interno di una strategia di marketing?”.

Si, assolutamente. Il deinfluencing ha un grande vantaggio: gli anti-influencer, data la sincerità delle loro recensioni, possono contare sulla fiducia dei propri follower e di conseguenza su una community attiva e un alto tasso di engagement.

Certo, bisogna considerare anche il rovescio della medaglia. Come deinfluencer, i creator scelti daranno un’opinione sincera e trasparente sui prodotti o i servizi testati. Ma è altrettanto ovvio che quando sono validi non c’è alcuna recensione da temere. Anzi, il deinfluencing non farà altro che avvalorarne la qualità e dare risalto ai valori aziendali.

Coinvolgere una o un deinfluencer è più che una semplice tattica promozionale: è una strategia concreta per posizionarsi nella mente dei consumatori come azienda etica e trasparente. Una caratteristica di brand che, oggi, fa tutta la differenza tra i competitor.

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