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La pandemia da Covid-19 e i lockdown in tutto il mondo hanno accelerato l’espansione della Creator Economy. Fondata sulla passione come lavoro, sta conquistano le nuove generazioni e conta da ottobre 2020 investimenti da venture capital per 800 milioni di dollari.

Negli USA il 29% dei diplomandi dichiara di voler essere un Creator, mentre solo l’11% vede nel proprio futuro una carriera tradizionale. Ma numeri simili investono anche il continente asiatico e ci aspettiamo che gli l’Europa vada a ruota.

Oggi ci sono circa 50 milioni di creator sul pianeta, di cui 2 milioni sono diventati dei veri professionisti che hanno saputo monetizzare le proprie passioni.

Come si posiziona tutto questo nell’economia globale? Chi sono davvero i creator e come trasformano i contenuti postati in rete in denaro?

Le risposte sono tutte nei prossimi paragrafi.

Chi è il content creator: non un influencer, ma un creatore per passione

In un articolo sul magazine The Atlantic, Taylor Lorenz ha ricostruito l’origine del termine creator. Sarebbe stato coniato da YouTube nel 2011, per usarlo in alternativa al vocabolo YouTube star. Dal termine poteva sembrare che solo le figure note potessero avere successo sulla piattaforma, hanno preferito perciò trovare una soluzione più aperta e inclusiva. Un passaggio che ha sancito la democratizzazione della produzione di contenuti e che oggi è più che mai viva, non solo per YouTube ma per tutto il web: dai social, ai blog in WordPress.

Questo trend prende piede con l’avvento di internet, anzi del Web 2.0, che ha fornito formati e strumenti nuovi a scrittori, musicisti, videomaker un tempo legati ai mass media e alle loro logiche. Ha addirittura aperto a nuovi creator, come i gamer e i podcaster, impegnati per sfornare quotidianamente contenuti che vale davvero la pena seguire.

E ripeschiamo il concetto di community: non contano i milioni, ma avere follower reali che seguono il creator perché hanno davvero qualcosa in comune. Lo vedremo tra poco.

Dalla Gig economy alla Creator economy: il passo sembra breve, ma le strade sono diverse

Riprendiamo le parole dell’enciclopedia online di Treccani: “La Gig economy è un modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, e non sulle prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate da maggiori garanzie contrattuali”.

Siamo, a grandi linee, ancora nelle dimensioni del lavoro dipendente, dei progetti saltuari con ritenuta d’acconto e dei contratti stagionali. Insomma, una dimensione tutt’oggi instabile, che ha investito le generazioni cresciute negli anni ’80/’90, aggrappate al sogno del posto fisso.

La Creator economy ha un’origine completamente diversa: il digitale e le nuove tecnologie. È altrettanto incerta, ma si fonda sugli interessi e sugli amori viscerali verso ciò che rende le persone felici. Non a caso è definita anche passion economy.

Così hanno detto addio agli uffici fissi, alle officine, ai teatri, agli studi di registrazione per lavorare. Sono sufficienti smartphone, attitudine alla creatività e competenza per diventare un creator e guadagnare. È nata una nuova professione ed è ora di darle la voce che merita.

Come guadagnano i creator e perché hanno una loro economia

Kevin Kelly, in suo articolo su kk.org, ha scritto: “Per essere un creator di successo non hai bisogno di milioni.” Spiega come non sono le cifre a definire un creator: non sono i milioni di follower, né i milioni di budget di produzione, né il milione di clienti a fare di un creator un creator.

Anche un migliaio di follower reali possono essere una fonte di guadagno, perché se lo seguono per i suoi contenuti, comprerebbero da lui qualsiasi cosa. Ad esempio: immaginate di avere 1000 fan tutti abbonati ai vostri contenuti a un costo di 100,00 dollari l’anno. Potreste avere un introito di 10.000 dollari l’anno soltanto grazie alle capacità creative.

Oltretutto non dimentichiamo che social network come TikTok, Snapchat e Twitter hanno ideato programmi che premiano i creator. Ad esempio TikTok nel 2020 ha lanciato Creator fund per retribuire gli utenti che generano contenuti popolari.

Ed è di poche settimane fa [luglio 2021] la notizia che Facebook ha messo a disposizione dei creator un fondo di 1 miliardo di dollari da distribuire ai migliori creator entro il 2022. Al momento si avrà accesso all’iniziativa solo su invito, ma nuove opzioni di monetizzazione saranno annunciate molto presto.

A queste forme di guadagno, si aggiungono le collaborazioni con le aziende. A differenza di come accade con molti influencer, il creator non crea contenuti dietro compenso, ma lo fa perché ama il suo lavoro. Non è lui, quindi, a cercare partnership, ma sono le aziende a notarlo perché in linea con i propri lavori e il proprio target.

La Creator economy è davvero il futuro? Per citare Battisti: “Lo scopriremo solo vivendo“.

Fonti:
Influencer Marketing Hub
Antler.co
Forbes
The Newyorker

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